«FANNY», LA NECESSARIA INTERSEZIONALITA’

Di Veronica Meddi

Al Teatro Tor Bella Monaca dal 14 al 16 marzo 2025 è andato in scena lo spettacolo FANNY di Rebecca Déraspe, con Maria Cristina Gionta e Adriano Evangelisti e con Camilla Pujia, Francesco Nuzzi, Angela Accarino, Anita Farina, Carmine Cacciolla, Alessandro Chiodini, Flavia Ferri, Nicole Desiderioscioli, Chiara Iaccarino, Chiara Silano, per la regia di Silvio Giordani, scene di Mario Amodio, costumi di Lucia Mariani, disegno luci di Marco Macrini. Foto Tommaso Le Pera.

Fanny e Dario si presentano al pubblico nel loro appartamento in uno stato di ansiolitica attesa, l’ospite a cui hanno affittato una stanza di casa è «in ritardo di un quarto d’ora», un tempo troppo breve per agitarsi, troppo lungo se è il motivo per cui le loro vite verranno sconvolte.
Intanto, per allentare la tensione per quella che sarà la strategica mossa di un deus ex machina in grado di cambiare l’ordine degli addendi e il risultato, brindano e per confermare il loro solido rapporto – che intuiscono possa venir leso in qualche modo – ripetono la parola magica del «Ti amo».

Ecco fare il suo ingresso Alice, la giovane laureanda in filosofia. 
Fanny e Dario in una nuova veste genitoriale – troppo invasiva e non richiesta – vorrebbero ospitare la ragazza senza farle pagare il mensile – i giovani hanno sempre bisogno di soldi -.
Alice con i suoi nuovi codici comunicativi rifiuta l’offerta «Ho solo bisogno di una stanza».

La giovane Camilla Pujia dà l’avvio al maremoto che sarà. 

«Le chiacchiere inutili mi fanno cagare»
«Gli asparagi fanno puzzare la piscia»


Capire cosa passi nella mente dei giovani della nuova generazione non è cosa semplice, anzi. Perché siano sempre in attacco e aggrediscano irrispettosi con un ‘veleno’ dal gusto diversamente amaro è spiacevole. Ma la loro vulnerabilità è visibile a chi, invece di giudicarli, tenta di capirli, avvicinarli. Pensano di potersi difendere – perché le loro energie giovani sono maggiori – ma i loro muri, se non tutelati da chi ha più esperienza – perché di anni ne ha vissuti di più -, rischiano di sgretolarglisi addosso e seppellirli. Già.

Una coppia di cinquantenni e una ventenne chiusi nello stesso acquario dà modo a tutti di capire che si può nuotare, con stili differenti, ma nuotare.

Fanny domanda al suo Dario, il grande amore della sua vita, «tu pensi che noi siamo inscatolati in una relazione?»
La mente si apre e i pensieri sono nuovi.
Fanny e Dario non hanno figli e, probabilmente, questo innesca in loro un sentimento nuovo di genitorialità.

Infatti, all’indomani Fanny chiede ad Alice «hai dormito bene, piccola?», la risposta – seccata e dissacrante - «sì, ma solo dopo che avete finito di fare l’amore».

Troppa confidenza, ma è giovane e va scoperta. «Lei non finge, dice le cose come sono», giustifica la donna.

Iniziano tra i due strani scontri, Fanny ammette di non sopportare la suocera.

Dario, da parte sua, ammette 
«Ti ho tradito»,
Fanny risponde secca 
«Anch’io ti ho tradito».


Perché? Perché avviene questo? Perché in un acquario tutto si rivela.

«Galleggio nella mia vita»


Ma il galleggiare è il minimo che si possa fare, il galleggiare non prevede spostamenti, e senza spostamenti nessun cambiamento. 

«Siamo in guerra contro il patriarcato»
«Oggi è stata uccisa la quattordicesima donna, in casa»
«I violenti lavano i piatti cantando canzoncine allegre»


Non a caso la parola “vittima” è al femminile.

La giovane che crede in tutte le possibilità dello studiare – Filosofia – tenta di fare le sue battaglie. Accettare passivamente è cosa impossibile da prendere in considerazione.

Alice porta Fanny al pub e al pub è facile fare incontri nuovi, nuovi visi che, così, all’improvviso, ti dicono: «Sei bella».

Dario, invece, dai ragazzi prende le botte, al pub, ma alla sua donna dice «di tutte le ragazze di questa sera tu resti sempre la più bella».
Per una donna di mezza età è importante sentirsi dire certe parole, la rassicurano, la rendono ancora competitiva, ma Maria Cristina Gionta bella lo è davvero e le parole di Adriano Evangelisti fluttuano sul mare calmo della verità.

Su una storia, per quanto imperfetta, ci si accomoda, ma ritrovarsi esenti da sensazioni nuove nella vita fa paura, per questo la donna chiede al suo uomo «A te ti ha fatto male non avere figli?».
Ormai l’autoanalisi profonda si è innescata arrivando a toccare i rami di corallo, le alghe, la sabbia, nel fondo del mare.

«Come è possibile che non mi ha fatto nessun effetto che ci sia stato il quattordicesimo femminicidio».


L’estraniazione dall’ambiente è un meccanismo psicologico che ti spinge a rimanere nel tuo acquario.
Per rendere tutto ancor più chiaro, Mario Amodio che ha realizzato le scene, ha pensato di riassumere tutto in sei cubi cu su sono dipinti i fondali marini; sarà proprio il gioco dello spostamento dei cubi stessi a creare nuovi luoghi deputati della narrazione.

«Perché noi non litighiamo mai?»
«Perché ci amiamo»


Le due fasce generazionali non si limitano a indossare pelli diverse ma i giusti vestiti realizzati da Lucia Mariani: Dario e Fanny vestono abiti grigi, i giovani, scarpe rosse.

L’intersezionalità di diverse identità sociali e le relative possibili discriminazioni, oppressioni, o dominazioni, sono il focus del racconto.
Sono varie le categorie biologiche.
L’intersezionalità sostiene che non esiste alcuna esperienza singolare propria di un’identità, e secondo me – ma anche secondo Rébecca Déraspe – questa è la verità.

Ben dirottato il gruppo dei giovani – discotecari, universitari – dalla regia paterna di Silvio Giordani, ottima, se non addirittura necessaria l’idea di far compiere gesti agli attori che con le parole riusciranno a rendere visibile l’invisibile. Questo è teatro. 

I giovani, a modo loro – e ogni fascia generazionale a suo tempo ha fatto lo stesso – combattono per un futuro migliore, migliore del passato che lo ha preparato.

«Basta oppressioni»
«Abbraccio di gruppo»


Alice non fa ritorno a casa, Fanny si preoccupa e corre a cercarla all’università, ma i giovani parlano con un loro nuovo linguaggio, non è facile capire quello che dicono – forse perché non vogliono essere capiti -.

Fanny parla al pesce «non sono nell’acquario… e come faccio adesso!»

Alice torna a casa, ha dormito due notti fuori con il ragazzo che al pub le diceva che era bella. Non ha pensato proprio di avvisare i padroni di casa che sono corsi a far denuncia di sparizione.

La bravissima, Maria Cristina Gionta, veste perfettamente i panni di Fanny, e in teatro quando tutto sembra vero, allora è vero che tutto funziona.
Così come Adriano Evangelisti e il suo Dario, elegante, misurato, presente ma rispettoso dei ruoli imposti dalla drammaturgia, l’attore riesce a fluttuare con naturalezza.

E forse è proprio grazie a questo equilibrio che gli attori hanno saputo seguire o creare, e il pubblico si è potuto sentire un degno voyeur.

Le relazioni per i giovani di oggi non sono più nulla, si aprono e si chiudono alla velocità di un click.

«Oggi si ghosta, ed è crudele»


Ma bisogna accettare che le cose sono fragili.

Dario si domanda se è possibile tenere fuori dall’acquario tutto questo.

Ma Alice è rimasta incinta, ha paura e si sente “non all’altezza”. 

Fanny prende un appartamento dove andare a vivere da sola – come quando era giovane – perché è questo l’unico modo di andare contro «la mia vita che gira su sé stessa come un pesce nell’acquario», è contro la morte che vuole andare.

Intanto, Dario che vuole ridimensionare il tutto ormai andato fuori schema, parla di quanto lo ecciti il «salamino bagnato»; è così che si può far vivere una risata, piazzando bene la battuta.

La storia è suddivisa in quadri, a ogni fine episodio cambiano le luci, s’insinua una musichetta e si sposta il posto ai sei cubi. La regia segue la drammaturgia e il suo senso più profondo.

Una serie di colpi di scena dà ritmo allo spettacolo, non li rivelo perché non si fa, e lo spettacolo è godibile e va visto.

Un consiglio nella vita arriva sempre quando meno te lo aspetti e da chi proprio non pensavi, ma arriva, seguirlo sarà una personale scelta.

“Non galleggiare più. Tuffati!”





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Aggiornato il

  17 marzo 2025