Andrea Bosca racconta LA GUERRA E' FINITA dal 13 gennaio in prima serata su Rai Uno
Di Elisabetta Ruffolo
Dal 13 gennaio, in prima serata su Rai Uno “La guerra è finita” per la regia di Michele Soavi. Con Michele Riondino, Isabella Ragonese, Valerio Binasco, Andrea Bosca, Sandra Ceccarelli, Carolina Sala, Juju Di Domenico, Beatrice Cevolani, Paola Sambo, Diego Facciotti, Alfredo Pea, Laura Pizzirani, Sara Lazzaro, Maria Vittoria Dallasta, Carmine Buschini, Eva Soavi, Anna Pini e Maxim Gallozzi.
Sono i giorni successivi alla Liberazione. La guerra è finita ma per i pochi sopravvissuti ai Campi di concentramento è difficile ricominciare per tutte le atrocità subite durante la prigionia. Hanno perduto i genitori, i fratelli, le sorelle, i figli. Grazie a Davide (Michele Riondino) e a un gruppo di persone, tra le quali c’è Giulia (Isabella Ragonese), figlia di un imprenditore che collaborava con i Nazisti che è stato da poco arrestato, Ben (Valerio Binasco) un ex ufficiale della Brigata Ebraica che ha rinunciato a rientrare in Palestina per dare una mano a quanti vorranno seguirlo nella nuova Patria. Occupano villa Terenzi in Emilia Romagna e si danno da fare per portare avanti i sopravvissuti che sono bambini, adolescenti e qualcuno più grande, tra loro c’è Giovanni che non riesce più a parlare e si limita a disegnare. Con loro, tanti altri che vogliono dare dignità agli altri e nello stesso tempo vogliono dimenticare tutto ciò che hanno subito. Ognuno ha i propri fantasmi e anche se sono liberi, si sentono ancora legati al numero di matricola che gli hanno tatuato sul braccio al momento dell’ingresso nel campo.
La fiction mette al centro i bambini, vite spezzate che possono avere un futuro grazie agli adulti che si occupano di loro.
Sandro Petraglia: Avevo iniziato a leggere “La Tregua” di Primo Levi e da lì è nata l’idea che poi è sfociata nella Fiction. Non racconta l’orrore della guerra, siamo nel periodo in cui l’Italia rinasceva dalle macerie fisiche e morali. Bisognava ricostruire il tutto.
Michele Riondino: Vuole raccontare il dramma dell’Olocausto con la forza narrativa di Anna Frank.
Isabella Ragonese: Bisogna fare in modo che la storia sia raccontata bene così da passarla anche alle nuove generazioni.
Per meddimagazine abbiamo intervistato Andrea Bosca che interpreta Stefano Dallara che ha fatto la guerra in Africa e la prigionia in India.
Quando ha letto il copione pensava che Stefano fosse tutti noi, veniamo tutti da un altrove. La storia se non si racconta, va perduta. E’ il racconto di una comunità che ha avuto modo di scrivere un futuro e c’è riuscita.
Un pugno nello stomaco ma anche un grande affresco dell’epoca.
La guerra è finita o in giro ci sono nuovi venti di guerra?
La guerra è finita per quanto riguarda la seconda guerra mondiale, però il senso di quello che abbiamo raccontato è applicabile nell'attualità ed è applicabile ovunque. Sono stato al confine turco - siriano e ho visto negli occhi di chi scappava dalla guerra, cosa vuol dire voler vivere una vita normale, andare a scuola, mangiare un pasto, tutto ciò che per noi è scontato. Una volta gli abbiamo chiesto di scrivere un pensierino e ci hanno risposto che erano contenti di avere una casa, di andare a scuola e di volersi bene. Inizialmente ci sembrava veramente semplice ma poi ricordi lo sfondo su cui nasce questo e pensi che è una conquista enorme.
Questo lavoro, secondo me ha un pregio, riesce a raccontare una storia difficile che non sai bene come affrontare dal punto di vista e dall'ottica dei bambini. La loro voglia di vivere è talmente forte che riesce ad andare oltre un punto morto della storia.
Perché sono ancora puri a quell'età…
sì è vero e risvegliano in noi la purezza e lo sguardo amichevole che gli esseri umani hanno di base. La scelta è quella di guardarci in questa maniera oppure di collaborare o farci violenza. Lo sanno bene le persone ce vengono da disastri, da momenti di bisogno. Io provengo dalle campagne astigiane, dove c’è ancora un senso di appartenenza e di fratellanza ma anche quello di prevaricare. “La guerra è finita” è la storia di persone che scelgono di non usare la violenza ma l’inclusione. E’ come dire “Speriamo ma facciamolo insieme”. Michele Soavi dice “Se la memoria non la racconti, sparisce”. Viene sostituita da discorsi che parlano di desideri più personali, più individualisti e più solitari. La cosa bella è che nel Film c’è il NOI. Quelli che hanno ricostruito l’Italia dopo la seconda guerra mondiale, hanno usato il NOI con tutte le loro contraddizioni e con tutti i livelli del racconto perché troviamo il dramma, la commedia, la tragedia ma c’è anche il fatto di voler affrontare le cose insieme perché sono enormi. I Personaggi che si abbandonano ad una totale solitudine tipo “si fa come dico io” oppure “mi arrangio da solo”, rischiano perché possono ottenere quello che vogliono ma rischiano che diventi non condivisibile e alla fine li lasci soli e non riescono a realizzare il loro vero desiderio.
Nella Fiction sei Stefano Dall'Ara, un ex avvocato, un ex militare, prestato alla burocrazia. Cosa hai portato di tuo nel personaggio e quanto è stato difficile interpretarlo?
Per entrare nel personaggio ho letto molti testi di Cesare Pavese, un autore che amo molto e tanti testi di Beppe Fenoglio che è un altro dei miei Autori preferiti. Ho interpretato altri personaggi storici ambientati in quell'epoca, la diversità e la simpatia di Dall'Ara è che viene dall'“altrove”. E’ una persona che quando s’innamora, cade in una storia più grande di lui e quando comincia ad occuparsi di altre persone, il suo personaggio diventa più ampio. In Dall'Ara ho messo il mio amore per i bambini e per le persone che hanno più difficoltà di me. Guardandoli vedo la differenza e onestamente pensiamo che non possiamo fregarcene o lasciarli per terra. Non si può soprattutto perché quella cosa ti dà un’umanità e la voglia di continuare a vivere e combattere che quando a volte pensi di farlo solo per te oppure non va come vorresti, ti dà una forza enorme e secondo me, oggi è stato un bellissimo intervento quello di dire “c’è un idealismo”! Oggi è tutto troppo relativo, milioni d’immagini e di racconti, sono facilmente rappresentabili ma non riescono ad inventare la voglia di non prevaricare l’uno sull'altro e continuare a perseguire quell'idea. La Guerra è finita racconta la forza di andare avanti uniti. Come persona, ti richiede di mettere in campo questa energia. A me ha insegnato di fare un lavoro con il cuore e di andare avanti per superare le difficoltà che si presentano.
Quanti oggi sono disposti a sacrificare parte del loro tempo per salvare vite?
Quasi tutti e lo fanno in silenzio, senza telecamere accese, lo fanno all'interno della loro famiglia, lo fanno di continuo. E’ un muscolo ben allenato, bisogna solo ricordarsi di averlo. E’ solo la scelta di quello che ti occupi che fa la differenza. A parole siamo tutti campioni, a pensieri siamo tutti dei geni, ma il fare è la cosa più difficile. Nella fiction ad un certo punto fanno anche delle cose illegali. Stefano ha la legge dalla sua parte e capisce qual è la necessità primaria che non è solo l’interesse della Ditta che lui difende. Sono tutte persone che non hanno mai smesso di lottare. Tutti noi lo facciamo per le persone più care perché non puoi pensare solo al tuo orto ma bisogna guardare oltre.
Cosa vi aspettate dal pubblico?
Mi aspetto che le persone ricordino quello che mai più vorremmo vedere e che tutti noi possiamo fare questo, uniti potremmo cambiare qualcosa. Noi siamo ad un passo a quello che la fiction racconta. Lo siamo dal momento in cui il clima cambia, dal momento in cui cambiano le risorse economiche, Ogni persona può arrivare non a quell'orrore ma non tutti sono così fortunati. Noi siamo in un Paese molto evoluto che ha possibilità di salvarsi prima di andare a fondo. Questo è quello che ci fanno credere… L’unica mia ricchezza è essere quello che sono e posso stare insieme agli altri. Cosa possono imparare i ragazzi da La guerra è finita? Intanto vederlo ed avere un’opinione anche critica rispetto a questa cosa. Qualcosa rimane e magari vent'anni dopo si trasforma. E’ importante non essere indifferenti.
Come dire no all'Odio e al Razzismo?
Occupandosene!