«Sangue e latte», la nudità necessaria dello scrittore Di Donato

Di Veronica Meddi

Il rosso che non è solo del sangue e il bianco che non è solo del latte, insieme, danno il colore del rosa che invece contiene in sè tutte le sensazioni di un’esistenza, calde e fredde. Nel suo romanzo, «Sangue e latte» (El Doctor Sax, pag. 116, euro 11,90), Eugenio Di Donato sviscera il buio che si cela nell’intimo del suo personaggio, Ludovico Travagli. Dall’infanzia alla maturità tutto può accadere, e tutto accade. Sin dalle prime battute, cade come un’ascia il potenziale della scelta. Ludovico ha fatto la sua. Anche Eugenio. Lasciare qualcosa che sente di non appartenergli, è la strada giusta, forse l’unica possibile, per trovare ciò che realmente vuole. Il vuole qui non è il possesso, il vuole qui si mette in gioco perché lui, il personaggio/autore, non sa cosa in realtà sia. «I bambini più piccoli non l’avevano mai visto il mare…», ecco, proprio con lo stesso incanto di una scoperta, Ludovico bagna i suoi piedi in acque sconosciute e scappa via, prendendosi il tempo per capire, se tuffarsi completamente oppure no. Il racconto segue l’unione di punti precisi: una famiglia imperfetta, una madre giudice e un padre assente, la violenza di un suo compagno che lo costringe a «succhiargli il sesso», a Ludovico essere appellato «frocio» non interessa, piuttosto è lo schifo provato a fargli capire poi che quel bianco non gli piaceva. Il biscotto intinto nel latte per fare colazione, il nonno che vo-leva essergli da esempio in determinazione ma mai per mestiere perché da lui tutta la famiglia voleva che diventasse un Dottore, uno di quelli che contavano, non uno qualunque. Le scene di bullismo, il vendere che è il lasciare andare, l’incapacità di gestire il denaro. 
Pagina dopo pagina si raccolgono dal libro gocce di sangue, latte, lacrime e sperma. I racconti velati di poesia sul grano e i pomodori «gonfi e maturi», confermano che nei ricordi scegliamo sempre quelli più belli. «Quando arriva il tempo del grano la campagna ribolle di sole, la ghiaia è più bianca», l’ex ingegnere ha tutto il diritto di nascondere dietro questo passaggio, il sapore di deliziosi popcorn. Di Donato scrive di nodi da sciogliere e muri da valicare, dell’amore del suo Ludovico con Agata con cui mette al mondo un figlio nato morto, Tiziano. Il lutto ha i suoi tempi. 
Il punto è che le persone isolate non scambiano. Parlare è un modo per poter mettere in discussione. Inutile, ma si capisce solo dopo, insistere per qualcosa senza futuro. Ludovico analizza le premure dei genitori, che forse tutelano per essere loro stessi tutelati. «…mammì, figlio di mamma. Il campo semantico della parola mamma si allarga e fagocita la parola figlio». E che c’è di male, non siamo tutte umanità che cercano la felicità come modo necessario di sopravvivenza? Eugenio/Ludovico ormai, dopo tanti tentativi, sa che non si può infilare a forza un cubo dentro la sagoma destinata per un triangolo. Ognuno ha la sua forma e la sua sostanza. 
La crescita del personaggio avviene nel momento in cui realizza che le cose e le persone non possono essere «perfette», e accettando questo, perdona se stesso per un peccato originale commesso da qualcun altro che forse aveva solo paura. Lamentarsi senza agire, sfianca e basta. Fa solo rumore. «E’ l’uomo, e solo l’uomo che ha il compito di nobilitare se stesso, di imprimere forza alle azioni che compie». E con il romanzo l’autore fa la sua mossa. «L’uomo si ammala a essere contato», scrive Di Donato, e ha ragione. Ludovico combatte con le ansie, stabilendo nelle pause, il nemico, fino a trasformare le giornate in un esercizio a proteggersi. Poi, qualcosa accade e tutto cambia, e tutto può ancora cambiare. «Sangue e latte» era l’invocazione materna che esortava a far diventare suo figlio un uomo. 
Interessante il raccordo che l’autore fa tra il passaggio del sangue mestruale e quello del parto. Il primo scorre involontariamente fino a che può, il secondo scorre per volontà. Scegliere di avere un figlio o no, come tutte le scelte giuste, ha una scadenza. Il nascere è «…un atto di separazione necessario», invece l’amore è l’incontro di due anime che si illudono di essere ubriache. In «Sangue e latte» scorrono veloci e intense le parole nate dalla vita di Eugenio Di Donato che sceglie di essere nudo.

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Aggiornato il

  15 ottobre 2020